Credito, a ottobre torna in positivo il trend in energia e utilities
In due anni il caro-tassi costa alle imprese italiane 44,3 miliardi €. Attesa per la decisione della Bce

Si apre una settimana decisiva per la politica monetaria, con la riunione di giovedì prossimo del Consiglio direttivo della Bce in cui sarà presa una decisione sui tassi di riferimento. Ad oggi si delinea una probabile riduzione dei tassi, ma è incerta l’intensità del taglio. Alcuni segnali indicano la necessità di dare un impulso alla debole economia europea, su cui pesano le incertezze delle crisi geopolitiche. A novembre l’inflazione nell’Eurozona si colloca al 2,3%, vicino al 2%, valore target di politica monetaria, ma segna il secondo rialzo consecutivo, dopo una marcata discesa in estate.  Sulla risalita di novembre pesa l’aumento dello 0,6% su base mensile dei prezzi dell’energia.

L’allentamento della stretta monetaria serve per stimolare una debole economia europea: le ultime previsioni della Commissione europea indicano una crescita “zero-virgola” dell’Eurozona (+0,8% nel 2024), su cui pesa il conclamato secondo anno di recessione in Germania.

Una riduzione più decisa dei tassi di riferimento aiuterebbe il rilancio degli investimenti delle imprese, necessari per la produttività e l’innovazione, fattori chiave della competitività. Senza una adeguata propensione ad investire le imprese ritardano i processi di digitalizzazione, di efficientamento energetico e di riduzione dell’impatto sull’ambiente.

Nel 19° Rapporto annuale ‘Italia, la grande officina delle piccole imprese’ (qui per un estratto), pubblicato in occasione dell’Assemblea annuale di Confartigianato  in cui è intervenuto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si indica che tra le conseguenze economiche dei conflitti in corso, il caro-tassi innescato dall’ intervento di politica monetaria per riportare sotto controllo l’inflazione, ha determinato 44,3 miliardi di euro di maggiori oneri finanziari sulle imprese italiane nel biennio 2023-2024, mentre ha ridotto la domanda di prestiti.

Il credito al settore energetico – Stamane Banca d’Italia ha pubblicato i dati sul credito bancario per settore, dalla cui analisi si evince che ad ottobre 2024 i prestiti alle imprese di energia e utilities ammontano a 27.088 milioni di euro e, dopo 21 mesi, tornano a crescere su base annua, segnando un aumento dello 0,7%, combinazione di un +1,0% per acqua e rifiuti e di un +0,6% per elettricità e gas. Il ritorno in positivo della domanda di credito nel comparto energetico è in controtendenza rispetto ad una flessione diffusa settorialmente: il totale dei prestiti lordi alle imprese scende del 4,2%, con cali del 7,0% nelle costruzioni, del 5,4% nella manifattura e del 3,3% nei servizi.

Il caro-tassi riduce la propensione ad investire: dal primo trimestre del 2024 la dinamica degli investimenti delle imprese è entrata in territorio negativo e nel secondo trimestre di quest’anno segna un calo del 2,3% su base annua. In particolare, nel secondo trimestre del 2024 gli investimenti in macchinari e impianti in termini reali scendono del 4,4% su base annua. Il calo della domanda di beni di investimento, sommandosi alle difficoltà dell’automotive, impatta sulla crisi della meccanica (QE 12/11): secondo i dati odierni dell’Istat, nei primi dieci mesi del 2024 la produzione di beni strumentali scende del 4,1%, tendenza confermata anche per la produzione di macchinari (-4,2%).

La riduzione della propensione ad investire interessa settore energetico: gli investimenti in beni materiali delle imprese in energia e utilities ammontano a 18,8 miliardi di euro e sono pari al 36,0% del valore aggiunto, superiore al 13,6% della media del manifatturiero. Nel dettaglio la quota è del 23,7% in Acqua e rifiuti e sale al 37,0% nella fornitura di elettricità e gas, settore (sezione Ateco 2007), il comparto con la più elevata propensione ad investire.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 11 dicembre 2024