Crisi della manifattura tra dazi e tensioni geopolitiche
Nei primi cinque mesi del 2025 calo del 2,1% della produzione e del 3,1% dell’indice dei consumi elettrici industriali (Imcei). Le tendenze nei settori energivori, con 18,7 mld € di export negli Usa a rischio
Un esito sfavorevole della partita dei dazi danneggia il commercio internazionale e ritarda l’uscita dalla crisi della manifattura italiana. L’annuncio di dazi del 30% sulle esportazioni dell’UE comunicato sabato scorso dal Presidente degli Stati Uniti Trump impatta pesantemente sulle catene di approvvigionamento transatlantiche. La Commissione europea intende raggiungere un accordo entro il 1° agosto, pur minacciando l’adozione di contromisure proporzionate, se necessarie. L’incertezza viene amplificata dalle tensioni geopolitiche in Medio Oriente e dall’intensificazione degli scontri in Ucraina. Il commercio internazionale, pur in ripresa, registra prospettive di crescita che a maggio e a giugno, secondo l’ultima Nota sull’andamento dell’economia italiana dell’Istat sono ancora negative. In parallelo, nella prima metà dell’anno il dollaro ha continuato a deprezzarsi nei confronti delle principali valute.
Il mix di fattori che condiziona l’economia globale ha ricadute più accentuate per i sistemi manifatturieri. In Italia, dopo il segnale positivo registrato ad aprile, a maggio 2025 l’indice destagionalizzato della produzione manifatturiera registra un calo congiunturale (-0,7%) e una crescita su base trimestrale (+1,0%).
Nei primi cinque mesi dell’anno in Italia la produzione scende del 2,1% che, nel confronto internazionale su dati Eurostat pubblicati oggi, risulta un calo più intenso rispetto al -1,6% della Germania, del -0,8% della Francia e del -0,3% della Spagna. Nella media UE la produzione sale dell’1,3%, grazie al buon andamento registrato in Irlanda e Polonia.
In chiave settoriale, in Italia segnano un aumento della produzione nei settori di legno, carta e stampa (+2,6%), alimentare e bevande (+1,4%) e computer ed elettronica (+0,3%), mentre persistono le gravi crisi della moda (-8,0%) e della meccanica (-3,5%), quest’ultima dominata dal crollo del 26,8% della produzione di autoveicoli, la quale invece è stabile in Germania ed è in crescita in Francia (+1,8%).
Tra i settori con una maggiore intensità energetica registrano un aumento la metallurgia (+3,3%), alimentari e bevande (come anticipato, a +1,4%), carta (+1,3%), mentre sono in territorio negativo chimica (-1,1%), altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (vetro, cemento, ceramica con -1,5%), gomma e plastica (-3,5%) e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (-7,1%).
Sempre nei primi cinque mesi del 2025 l’indice mensile dei consumi elettrici industriali (IMCEI) elaborato da Terna è in flessione del 3,1% rispetto allo stesso periodo del 2024. A giugno si rileva un ulteriore rallentamento della domanda di energia, con IMCEI che segna un calo del 2,2% su base annua e del 3,6% sul mese precedente.
In relazione alla partita aperta dei dazi, va segnalato che nei settori in esame caratterizzati da una maggiore domanda di energia l’export negli Stati Uniti nel 2025 (ultimi dodici mesi a marzo) ammonta a 18,7 miliardi di euro, pari al 28,0% dell’export totale negli USA, con alimentare e bevande che valgono 7,9 miliardi di euro, a cui seguono apparecchiature elettriche con 3,0 miliardi, chimica con 2,9 miliardi, vetro, cemento e ceramica con 1,7 miliardi, metallurgia con 1,6 miliardi, gomma e plastica con 1,0 miliardo e carta con 0,3 miliardi.
Domanda di elettricità e manifattura, un quadro territoriale – La domanda di energia della manifattura presenta una differente intensità nel territorio, anche in relazione alla presenza di distretti e poli produttivi in settori energy intensive. Nella top ten provinciale a Terni si registra una domanda di energia elettrica delle imprese del settore industria (somma di manifatturiero, estrattivo, energia e costruzioni) di 300,5 MWh per milione di valore aggiunto provinciale, davanti a Taranto con 299 MWh per milione di valore aggiunto, Cremona con 298,1 MWh per milione di valore aggiunto, Siracusa con 227,7 MWh per milione di valore aggiunto, Udine con 225,1 MWh per milione di valore aggiunto, Brescia con 179 MWh per milione di valore aggiunto, Lucca con 178,5 MWh per milione di valore aggiunto, Cagliari con 166 MWh per milione di valore aggiunto, Mantova con 165 MWh per milione di valore aggiunto e Brindisi con 154,5 MWh per milione di valore aggiunto. Nel complesso le dieci maggiori province rappresentano il 24,2% dei consumi di energia elettrica dell’industria a fronte dell’8,0% del valore aggiunto nazionale.