Dazi, Usa primo fornitore di energia della Ue
Import di commodity energetiche per 64,9 mld €, oltre a 15,1 mld € di petrolio raffinato. Washington in testa per greggio (42,1 mld €) e Gnl (18,8 mld €)
Per contenere i danni causati dai dazi è necessario aprire una trattativa che includa gli acquisti per la difesa, per i servizi digitali e per l’energia. La guerra commerciale ha un forte impatto recessivo sull’economia dell’Eurozona e italiana, più vulnerabili per la loro apertura agli scambi globali. Le proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana pubblicate venerdì scorso da Banca d’Italia revisionano al ribasso di 0,2 punti la crescita del PIL dell’Italia nel 2025 e di 0,3 punti nel 2026, mentre la crescita dell’export totale previsto a dicembre (+1,3%) passa in territorio negativo (-0,1%). La dinamica dell’export nel 2026 (prevista a dicembre al +3,2%) risulta più che dimezzata (+1,5%). Come evidenziato da Confartigianato, i dazi statunitensi mettono a rischio 33mila posti nelle imprese manifatturiere.
Il negoziato e contromisure – La reazione all’imposizione dei dazi prevede un pacchetto di interventi. L’annuncio delle contromisure, la cui applicazione determinerebbe una escalation della guerra commerciale, va associato all’apertura di un negoziato che metta in gioco gli acquisti dagli Stati Uniti di energia, di prodotti per la difesa e di servizi digitali. Nel Consiglio “Affari esteri” tenuto ieri si è confermato che l’approccio preferito dell’UE resta quello della negoziazione di soluzioni reciprocamente accettabili. Alcune delle carte che l’Unione europea può giocare nella trattativa sono di assoluta rilevanza. Gli Stati Uniti sono il primo fornitore di commodity energetiche dei paesi UE e hanno fornito il 63% degli acquisti per la difesa da parte dei paesi UE tra l’inizio della guerra di aggressione della Russia e il giugno 2023, come ha documentato la Commissione europea. Inoltre, secondo i dati Eurostat sul commercio internazionale di servizi, nel 2023 gli Stati Uniti sono il paese con cui l’UE registra il più ampio deficit nel commercio di servizi, pari a 108,6 miliardi di euro, un saldo determinato da 427,3 miliardi di euro di importazioni dagli Stati Uniti e da 318,7 miliardi di euro di esportazioni.
Tra gli altri interventi di policy, va sostenuta la diversificazione dei mercati delle esportazioni dell’UE e una politica fiscale espansiva per sostenere la domanda interna, mentre la politica monetaria potrebbe non essere di aiuto: qualora la guerra dei dazi spinga in alto i prezzi, la BCE potrebbe rallentare la discesa dei tassi, non imprimendo alcun impulso espansivo.
Negoziato sui dazi, la partita dell’energia – Una analisi dei dati di Eurostat indica che le importazioni europee di petrolio greggio, gas naturale e carbone da paesi extra UE ammontano a 375,8 miliardi di euro. Gli Stati Uniti sono il primo fornitore di queste commodities energetiche con 64,9 miliardi di euro, pari al 17,3% del totale UE, sopravanzando la Norvegia con 64,6 miliardi di euro pari al 17,2%. Nella top ten dei fornitori dell’UE troviamo poi, distanziati, Kazakhstan con l’8,2%, Algeria con il 6,7%, Russia con il 6,3%, Libia con il 5,3%. Quote più contenute per Arabia Saudita (4,9%), Nigeria (4,7%), Regno Unito (4,6%) e Iraq (4%). Se sommiamo i 15,2 miliardi di euro di importazioni di petrolio raffinato, l’acquisto di energia dell’UE dagli Stati Uniti sale a 80,1 miliardi di euro, superiore all’export UE negli Stati Uniti di macchinari (73,0 miliardi di euro), il secondo prodotto più venduto sul mercato statunitense dopo i farmaci.
Nel dettaglio per commodity, gli Stati Uniti sono il primo fornitore di petrolio greggio con 42,1 miliardi di euro che rappresenta il 16,1% delle importazioni dell’UE, davanti alla Norvegia con 13,5%, Kazakhstan con 11,5%, Libia con 7,4% e Arabia Saudita con 7%, Nigeria con 6,1% e Iraq con 5,7%. Inoltre, gli Stati Uniti contribuiscono con 18,8 miliardi di euro di gas naturale liquefatto importato, pari al 45,3% dell’import UE e risultando il primo fornitore davanti alla Russia con 17,5%, Algeria con 10,7%, Qatar con 10,4%, Norvegia con 4,7% e Nigeria con 4,4%. Infine, gli Stati Uniti sono il secondo fornitore di carbone con vendite ai paesi UE per 4 miliardi di euro con una quota del 32,3%, dietro all’Australia con 37,3% e davanti a Colombia con 9,5%, Kazakhstan con 5,4% e Canada con 5,2%.
La posizione dell’Italia – Per l’Italia gli Stati Uniti sono il 4° fornitore di commodity energetiche dell’Italia, con il 9,4%, dopo Algeria con il 19,6%, Azerbaijan con il 16,4% e Libia con il 12,5%. Dietro agli Stati Uniti si posizionano Kazakhstan con 7,9%, Norvegia con 5,1%, Iraq con 4,5%, Qatar con 4,3%, Russia con 4,1% e Nigeria con 3,6%. Più contenuto l’import di prodotti raffinati dagli Stati Uniti che sono il 13° fornitore dell’Italia con il 2,2% dell’import. Nel dettaglio gli Stati Uniti sono il 4° fornitore dell’Italia di petrolio con 2.580 milioni di € pari al 9,6%, il 2° fornitore di gas naturale liquefatto con 1.744 milioni di € pari al 34,6% e il 1° fornitore di combustibili solidi con 395 milioni di €, pari al 43,2%.
Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 7 aprile 2025