Digitale, investimenti del settore energia e public utility ad oltre 2,3 mld €
Twin transition sempre più decisiva. Le tendenze del costo del denaro, dei prestiti e la propensione a investire delle imprese

Le previsioni della Commissione europea pubblicate la scorsa settimana hanno revisionato al rialzo le tendenze degli investimenti che nel 2025 in Italia sono indicati in crescita dello 0,8% a fronte del +0,2% previsto a novembre. Tornano in positivo anche quelli in costruzioni (+0,5%, era -3,8% a novembre) mentre si riduce la crescita degli investimenti in macchinari (+0,9% era +6,4% a novembre). Il PNRR sostiene gli investimenti pubblici (+3,8%, confermando la previsione di novembre). Su questo fronte va segnalato il ritardo nella messa a terra degli interventi del Piano: nell’ultima Relazione della Conte dei conti si evidenzia che nel 2024. a fronte di una programmazione finanziaria di 41.996 milioni di euro, la spesa effettiva si ferma a 18.843 milioni, pari al 44,9% del programmato.

I processi di investimento sono condizionati dagli effetti della politica monetaria. Il prossimo 5 giugno si attende un ulteriore taglio dei tassi da parte della BCE. Prosegue la discesa del costo dei prestiti per le imprese che a marzo 2025 in Italia è pari al 4,04% (era 4,13% a febbraio e 4,28% a gennaio), pur rimanendo di 241 punti base superiore al livello % di giugno 2022, precedente dell’avvio della stretta monetaria deflazionistica.

Le imprese del settore energetico consolidano la crescita della domanda di credito (QE 11/3) con i prestiti al comparto di energia elettrica e gas che a marzo salgono dell’8,8% e in quello di acqua e rifiuti del 5,5%, in controtendenza rispetto ai cali dell’1,7% nella manifattura e del 2,3% nel totale economia.

Gli investimenti nel settore estrattivo, energia e utilities secondo i conti nazionali aggiornati al 2023 ammontano a 27.013 milioni di euro, di cui 12.851 milioni di euro di fabbricati non residenziali e altre opere (47,6% a fronte del 53,0% per il totale economia) e 12.406 milioni di euro di impianti e macchinari e armamenti (45,9% a fronte del 33,6% del totale economia), a cui sommano 1.757 milioni di euro per prodotti di proprietà intellettuale, prevalentemente software e R&S (6,5% a fronte del 13,3% del totale economia). Nel confronto internazionale, il peso sul valore aggiunto degli investimenti nel settore in esame è del 53,1%, ampiamente superiore alla media UE del 35,7% e al peso rilevato in Francia (30,0%), Spagna (27,7%) e Germania (25,7%).

Nel confronto settoriale, con gli ultimi dati disponibili al 2022, dopo il settore immobiliare, il comparto energetico e delle utilities presenta la più elevata incidenza degli investimenti sul valore aggiunto, pari al 46,7%, ampiamente superiore al 24,3% della media dell’economia e al 26,0% della manifattura. Nel dettaglio, la quota più elevata si osserva per estrattivo (52,8%) davanti a energia elettrica e gas (48,1%) e acqua e rifiuti (43,5%).

Nella twin transition sono strategici gli investimenti in digitale e in tecnologie a minore impatto ambientale. Nel complesso gli investimenti in digitale nel comparto energetico e delle public utilites ammontano a 2.310 milioni di euro per apparecchiature ict (hardware e tlc), software e databases, che rappresentano l’8,6% degli investimenti del settore, quota che sale al 10,2% nel totale economia.

Alcuni indicatori delineano la propensione ad investire nel comparto energetico. Dall’ultimo censimento delle imprese dell’Istat il 41,6% delle imprese di energia elettrica e gas e il 26,5% di quelle di acqua e rifiuti presentano innovazioni di processo inerenti a sistemi informativi, a fronte del 29,8% della media dell’economia. Secondo il Sistema Informativo Excelsior – realizzato da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – vi è una elevata quota di imprese di energia e utilities che ha investito nel 2024 in almeno uno degli ambiti della trasformazione digitale, pari all’80,1% a fronte del 66,8% della media delle imprese, mentre il 58,2% ha adottato piani integrati di investimenti digitali – investendo in due o più ambiti della trasformazione digitale – a fronte del 41,8% della media. Il 37,2% delle imprese del settore ha investito in green – prodotti e tecnologie a maggior risparmio energetico e/o minor impatto ambientale – a fronte del 24,7% della media, con un segnale di discesa registrato nel 2024. I processi di accumulazione di capitale nella trasformazione digitale determinano una elevata domanda di competenze, le quali risultano spesso difficili da reperire, anche se nel settore energetico tale fenomeno è meno accentuato. Il 43,6% delle imprese ha avuto difficoltà nel reperimento delle figure professionali inserite in azienda a seguito di investimenti effettuati nella trasformazione digitale, quota ampiamente inferiore al 60,1% della media delle imprese.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 27 maggio 2025