Dopo la crescita comincia la stagione fredda per il clima e l’economia
Nei trimestri di guerra migliore performance del Pil in Italia, ma in autunno pesa l’inflazione energetica. La Nadef e gli interventi contro il caro-prezzi
Nel nuovo quadro macroeconomico contenuto nella Nota di aggiornamento al DEF 2022 varata dal Governo venerdì scorso (Nadef) – che rivede e aggiorna quella approvata dal precedente esecutivo il 28 settembre – nel 2022 si registra una crescita del PIL del 3,7%, migliorando sia il +3,3% previsto dal Governo a fine settembre che il +3,2% indicato dal Fondo monetario internazionale lo scorso 11 ottobre, mentre nel 2023 la crescita tendenziale, a legislazione vigente, si ferma al +0,3%.
In particolare, l’economia italiana presenta una marcata resilienza nel corso dei primi mesi di guerra. Nell’arco tra il primo e il terzo trimestre del 2022, nonostante un peggioramento della bolletta energetica di 6,6 miliardi di euro al mese, il PIL in Italia sale dell’1,6%, ampiamente superiore al +0,9% dell’Ue e al +1,0% dell’Eurozona, più che doppio rispetto al +0,7% della Francia e staccando nettamente il più modesto +0,4% della Germania.
Un forte segnale di reazione arriva anche dal mercato del lavoro: tra febbraio e settembre 2022, gli occupati sono saliti di 146mila unità, grazie all’apporto di 145mila dipendenti in più, trainati a loro volta dalla componente a tempo indeterminato che cresce di 210mila unità mentre la componente a tempo determinato diminuisce di 65mila unità e gli indipendenti risultano stabili.
Dopo la straordinaria crescita dei primi tre trimestri, si apre una stagione fredda, per il clima e per l’economia. A fronte di una crescita acquisita per quest’anno del 3,9% – il tasso di crescita annuo con un PIL stabile nel quarto trimestre – il +3,7% annuo previsto nella nuova Nadef sottende un calo del PIL di circa sei-sette decimi di punto nell’ultimo trimestre dell’anno. Una recessione sarebbe conclamata nel 2023, lo ricordiamo, nel caso di una interruzione delle forniture di energia da parte della Russia (QE 17/10).
L’escalation estiva dei prezzi dell’energia si sta ribaltando pesantemente sui prezzi al consumo. Ad ottobre l’inflazione in Italia sale al 12,8%, superando di 2,1 punti il +10,7% della media dell’Eurozona. L’Italia segna la variazione congiunturale dei prezzi al consumo più alta nell’Unione, +4% rispetto a settembre 2022, a fronte del +1,5% dell’Eurozona. Ad ottobre i prezzi dell’energia, spinti da quelli dell’elettricità, salgono del 28,5% rispetto a settembre; di conseguenza il tasso di inflazione energetica su base annua balza al 73,9%, rispetto al 45,0% di settembre, collocandosi trentadue punti sopra al +41,9% dell’Eurozona. Il prezzo dell’energia elettrica in Italia ad ottobre sale del 199,1% rispetto un anno prima, mentre quello del gas segna un aumento del 99,5%. Gli indici dei prezzi dell’Istat pubblicati il 28 ottobre non includono il calo del 12,9% ad ottobre della spesa del gas per la famiglia tipo in tutela, pubblicato da Arera il 3 novembre.
L’impatto dei costi dell’energia sta condizionando le scelte di politica fiscale. La novità più rilevante della Nota varata venerdì scorso è data dal quadro programmatico di finanza pubblica che indica nel 2022 un deficit di bilancio del 5,6% del PIL, di mezzo punto più ampio del 5,1% del tendenziale, a legislazione vigente. Nel 2023 il deficit scende al 4,5%, rispetto al 3,4% tendenziale. Di conseguenza, l’intervento fiscale espansivo è di 0,5 punti di PIL nel 2022 e di 1,1 punti nel 2023, pari ad oltre 9 miliardi di euro per quest’anno e a circa 21 miliardi nel 2023. Questi 30 miliardi di euro – se destinati interamente al contrasto al caro energia come indicato durante la conferenza stampa del Consiglio dei Ministri di venerdì – si sommano agli interventi già adottati per 5,5 miliardi sul 2021 e per 57,1 miliardi per il 2022 (questi ultimi desunti dal Documento programmatico di bilancio di ottobre), portando ad oltre 93 miliardi di euro le risorse impegnate nell’arco di 22 mesi per contrastare lo shock energetico. L’intervento espansivo della manovra fornisce nel 2023 un impulso alla crescita di 0,3 punti di PIL – differenza tra il tasso di crescita programmatico (+0,6%) e quello tendenziale (+0,3%) – mantenendo in una zona di sicurezza il sentiero di riduzione del rapporto tra debito e PIL, che dopo la discesa di 4,6 punti quest’anno, vede un calo di 1,1 punti nel 2023, di 2,3 punti nel 2024 e di 1,1 punti nel 2025.