In sintesi – Dal 1 gennaio 2018 il costo annualizzato dell’energia elettrica per una Micro-piccola impresa (MPI) tipo in maggiore tutela è pari a 12.144 euro, in crescita del 5,9% rispetto al trimestre precedente (679 euro in più) e del 10,9% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno (1.195 euro in più).
La crescita rilevata in ottica congiunturale è da imputarsi all’aumento del 7,9% della Spesa per la materia energia e del 7,2% degli Oneri fiscali e parafiscali mentre diminuisce del 2,2% la Spesa per il trasporto e la gestione del contatore. L’aumento rilevato in ottica tendenziale è da imputarsi all’intensa crescita del 23,8% della Spesa per la materia energia e meno al +4,5% della Spesa per oneri di sistema mentre anche in questo caso diminuisce del 2,2% la Spesa per il trasporto e la gestione del contatore. Nel dettaglio la Spesa per la materia energia pagata dalla MPI tipo cresce di 256 euro rispetto al trimestre precedente e di 1.079 euro rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Per quanto riguarda il costo del dispacciamento pagato dalla MPI tipo dopo aver toccato il picco massimo nel III trimestre 2016 nel I trimestre 2018 si osserva un rimbalzo: sale, infatti, sui 684 euro l’anno dopo essere sceso nel precedente trimestre sui 552 euro, valore minimo dall’inizio delle rilevazioni di questa componente di costo nel IV trimestre 2013.
La composizione della bolletta elettrica – Nel complesso gli Oneri fiscali e parafiscali pesano per il 40,7% del costo totale, incidenza inferiore di 3,1 punti percentuali rispetto a quella della Spesa per la materia energia (43,8%) mentre negli otto trimestri tra il II trimestre 2015 ed il I trimestre 2017 la loro incidenza era stata superiore fino a toccare il gap massimo di 11,7 punti percentuali nel II trimestre 2016.
FOCUS – La riforma degli oneri generali del sistema elettrico e gli effetti sugli utenti in BT
Dal 1 gennaio 2018 viene modificata la struttura degli oneri generali del sistema elettrico per cui i singoli oneri confluiscono in due raggruppamenti: “Oneri generali relativi al sostegno delle energie rinnovabili ed alla cogenerazione” (ASOS) che copre incentivi alle fonti rinnovabili (esclusi gli incentivi alla produzione di energia elettrica da rifiuti non biodegradabili) ed agevolazioni alle industrie manifatturiere ad alto consumo di energia e “Rimanenti oneri generali” denominato ARIM. Al I trimestre 2018 la MPI tipo paga per il raggruppamento ASOS 3.667 euro, pari all’87,4% del totale degli oneri di sistema, e 529 euro per il raggruppamento ARIM, pari al restante 12,6%. In particolare nel caso della MPI tipo il passaggio ad una struttura trinomia vede la quota energia scendere dal 96,8% al 69,6%, la quota fissa scendere dal 3,2% e questo per introdurre la quota potenza che si attesta sul 29,9% degli oneri.
Per il profilo tipo di 60.000 kWh si osserva che la riforma determinano un minore prelievo per oneri al di sotto di una potenza di 33 kW (al di sopra delle 1.818 ore di utilizzo equivalente della potenza) mentre al sopra di tale limite (e quindi al di sotto delle 1.818 ore) si osserva un aumento che progressivamente cresce di intensità. L’analisi della curva di indifferenza tra oneri pre e post riforma.
Mercati di maggior tutela e libero nelle regioni – In Italia secondo gli ultimi dati disponibili nel 2016 sul totale del mercato non domestico, al netto dell’illuminazione pubblica, la maggior tutela rappresenta il 51,7% delle utenze e l’8,6% dei consumi mentre il mercato libero rappresenta il 91,4% delle utenze e il 48,3% dei consumi. Nella intera penisola le imprese servite in maggior tutela consumano mediamente 4.668 KWh/anno, mentre quelle che acquistano l’elettricità sul mercato libero consumano mediamente 53.086 KWh/anno. La ripartizione delle diverse tipologie di mercato a livello territoriale mostra che la porzione di energia acquistata sul mercato libero da clienti non domestici risulta più ampia e superiore a quella nazionale (91,4%) in Friuli Venezia-Giulia (96,4%), seguita dall’Umbria (95,1%), dalla Lombardia (94,4%), dalla Valle d’Aosta (93,9%), dal Veneto (93,7%), dal Piemonte (93,7%), dall’Emilia-Romagna (93,6%), dal Trentino-Alto Adige (92,9%), dal Molise (92,3%), dall’Abruzzo (92,1%), dalla Basilicata (91,5%) e dalle Marche (91,5%); mentre i segmenti della maggior tutela sono più estesi della media nazionale (8,6%) in Calabria (20,1%), seguita dalla Puglia (18,2%), dalla Sicilia (16,4%), dalla Campania (16,1%), dal Lazio (12,5%), dalla Sardegna (9,6%), dalla Liguria (9,5%) e dalla Toscana (8,8%).