Elaborazione Flash ‘Le incertezze della guerra sul mercato del lavoro e gli effetti della pandemia. L’evoluzione del tasso di occupazione nel territorio tra 2019 e 2021’. In calce un abstract delle principali evidenze contenute nel report. All’elaborazione e analisi dei dati territoriali hanno collaborato l’Ufficio Studi di Confartigianato Marche e l’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia. I dati di dettaglio regionale e provinciale sono presenti nella allegata Appendice statistica ‘Mercato del lavoro nel 2021 per regione e provincia’ in formato xls e che contiene i seguenti fogli:
i) Numero occupati totali per regione e ripartizione (media 2019, 2020 e 2021) con dettaglio di donne, indipendenti e dipendenti e macrosettori (Manifatturiero esteso, Costruzioni e Servizi) e composizione percentuale del totale occupati
ii) Numero occupati totali per regione con dettaglio delle donne, disoccupati e inattivi (media 2021); per 15-64 anni il tasso di occupazione totale, femminile e maschile e il tasso di inattività e per 15 anni e più il tasso di disoccupazione (media 2019, 2020 e 2021) e dinamica dei cinque tassi rispetto al 2020 e rispetto al 2019, pre-crisi.
iii) Numero occupati totali per provincia (media 2019, 2020 e 2021) con dettaglio di donne, indipendenti e dipendenti e macrosettori (Manifatturiero esteso, Costruzioni e Servizi) e composizione percentuale del totale occupati
iv) Numero occupati totali per provincia con dettaglio delle donne, disoccupati e inattivi (media 2021); per 15-64 anni il tasso di occupazione totale, femminile e maschile e il tasso di inattività e per 15 anni e più il tasso di disoccupazione (media 2019, 2020 e 2021) e dinamica dei cinque tassi rispetto al 2020 e rispetto al 2019, pre-crisi.
v) Tasso di occupazione per genere in 240 regioni europee (calcolati con precedente regolamento e non confrontabili con i corrispondenti tassi Istat)
Abstract
Il prolungamento della guerra in Ucraina e l’amplificazione della crisi energetica potrebbero interrompere il percorso di recupero della recessione causata dalla pandemia che, sulla base dei dati mensili, a febbraio 2022 vedeva l’occupazione totale registrare un quasi completo recupero (-0,4%) rispetto a febbraio 2020, pur con un pesante ritardo per l’occupazione indipendente, che registra 185 mila occupati in meno (-3,6%) rispetto a due anni prima.
Nei primi quindici giorni di marzo 2022 sono in netto aumento le attese sulla disoccupazione da parte dei consumatori e, tra la imprese, si osserva un diffuso peggioramento delle attese sull’occupazione. Nel manifatturiero sale al 6,1% la quota di imprese la cui attività è ostacolata dalla scarsità di manodopera, un dato mai così alto dal 2014.
Per aprile 2022 le entrate delle imprese segnano un rallentamento rispetto ad un anno prima per il manifatturiero e le costruzioni, mentre salgono nei servizi, trainate dalla forte crescita dei servizi legati al turismo. Nel mese in esame le MPI fino a 49 dipendenti danno il contributo maggiore alla domanda di lavoro: a fronte di una quota del 65,2% delle entrate, generano il 77,8% dell’aumento assoluto in un anno e risultano più dinamiche nel trimestre (+44,4% a fronte di +32,4% delle restanti imprese con 50 dipendenti e oltre).
Gli effetti della pandemia per i segmenti del mercato del lavoro e per territorio, resa possibile dai dati su base annuale, evidenzia che gli occupati nel 2021 crescono dell’0,8% rispetto al 2020 (+169 mila unità) ma non hanno recuperato i livelli pre-pandemia del 2019 (-2,4%) cumulando un calo di oltre mezzo milione di occupati (555 mila). Rispetto al 2019 sono in particolare difficoltà gli indipendenti che registrano un -6,4% con diminuzioni diffuse nella maggior parte delle regioni, mentre è più contenuta, e pari a -1,2%, la flessione dei dipendenti. A livello settoriale recuperano i livelli pre-crisi solo le Costruzioni (+8,4%) mentre è in ritardo il Manifatturiero esteso (-1,7%) e il calo più marcato è quello dei Servizi (-3,7%). L’analisi dei principali indicatori del mercato del lavoro, indica per il 2021 il tasso di occupazione (15-64 anni) a 58,2% che migliora crescendo di 0,8 punti percentuali rispetto al 2020 ma rimane inferiore di 0,8 punti rispetto al livello del 2019. Il tasso di disoccupazione (15 anni e più) è pari al 9,5%, peggiora in un anno aumentando di 0,2 punti percentuali ma migliora rispetto al 2019 diminuendo di 0,4 punti. Infine, il tasso di inattività (15-64 anni) è pari al 35,5%, migliora in un anno scendendo di 1 punto percentuale mentre peggiora rispetto al 2019 registrando una crescita di 1,2 punti.
Sul mercato del lavoro pesa l’aumento del fenomeno delle dimissioni volontarie la cui quota sul totale delle cessazioni passa dal 15,2% nel 2019, al 15,4% nel 2020 per salire di quasi tre punti, raggiungendo il 18,1% nel 2021. Il fenomeno è stato evidente negli Stati Uniti a seguito della pandemia con diverse determinanti: il miglioramento salariale, la ricerca di soluzioni di lavoro a distanza – in alcuni casi associato al trasferimento dell’alloggio al di fuori delle grandi città -, la riduzione dei rischi per la salute nel trasferimento sui mezzi pubblici e nelle relazioni interpersonali sul luogo di lavoro, in particolare nella sanità. L’aumento delle dimissioni è trasversale e rappresenta anche una fisiologica riattivazione della mobilità nel mercato del lavoro: in alcuni casi le dimissioni indicano infatti, una ricollocazione di lavoratori in settori in forte crisi, con un elevato utilizzo degli ammortizzatori sociali, ovvero dimissioni ritardate dal blocco dei licenziamenti.
In chiave territoriale in cinque regioni il tasso di occupazione del 2021 supera quello del 2019: gli aumenti più intensi sono il +1,9 punti della Basilicata, il +0,8 punti del Friuli-Venezia Giulia e il +0,4 punti della Puglia; seguono, in territorio positivo, i +0,3 punti della Liguria e i +0,1 punti della Calabria. In tre regioni l’aumento è determinato dalla crescita della sola componente femminile (Puglia, Calabria e Friuli-Venezia Giulia), mentre in Basilicata sale il tasso di occupazione per entrambi i generi e in Liguria sale la sola componente maschile. All’opposto, si registrano le flessioni più intense per Provincia Autonoma di Bolzano con -3,6 punti, Molise con -2,3 punti e Veneto e Emilia-Romagna, entrambe con -1,9 punti.
In 41 province, in cui si addensa il 27,9% dell’occupazione italiana, si osserva nel 2021 un completo recupero del tasso di occupazione del 2019, in controtendenza rispetto al calo in media nazionale, ed i dieci aumenti più intensi sono quelli di Frosinone (+6,6 punti percentuali), Enna (+4,1 punti), Nuoro (+3,8 punti), Lecce (+3,3 punti), Potenza (+2,6 punti), Lodi (+2,4 punti), Treviso (+2,3 punti), Crotone (+2,2 punti), Ragusa (+2,1 punti) e Livorno (+2,0 punti). In 18 province, rappresentative del 13,9% dell’occupazione nazionale, si registra un aumento del tasso di occupazione per entrambi in generi; in altre 10 province, che comprendono il 7,1% degli occupati, sale solo il tasso di occupazione femminile mentre per le rimanenti 10 province, rappresentative del 4,7% dell’occupazione, sale solo il tasso di occupazione maschile.
Crisi più pesante in tredici grandi comuni che concentrano il 16,0% degli occupati italiani, nei quali il tasso di occupazione registra una riduzione di 1,9 punti tra il 2019 e il 2021, di intensità più che doppia rispetto alla media nazionale (-0,8 punti). In generale questi maggiori comuni addensano attività terziarie private e della Pubblica amministrazione e rappresentano un polo di attrazione del turismo presentando quindi una maggiore diffusione di imprese attive nei servizi turistici, culturali e di intrattenimento, i segmenti che sono stati maggiormente colpiti dalla recessione causata dalla pandemia. Pesanti cali per Venezia (-5,8 punti), Firenze (-5,0%), Bologna (-4,4%) e Catania (-4,3 punti); in controtendenza, recuperano i livelli pre-crisi Palermo (+1,1 punti tra 2019 e 2021), Genova (+0,9 punti) e Messina (+0,6 punti).
Nel 2021 è confermato il protagonismo delle MPI nella ripresa dell’occupazione. Nel 2021 il saldo tra le attivazioni e le cessazioni è diffusamente positivo e le posizioni lavorative crescono di 692 mila unità, di cui 464 mila in MPI, pari al 67,1%, quota che supera di ben 17,9 punti percentuali il 49,2% che tali imprese rappresentano sullo stock di posizioni lavorative dipendenti; inoltre per le MPI la quota sale all’81,4% relativamente alle posizioni lavorative a tempo indeterminato.
Nonostante la ripresa della domanda di lavoro, ad aprile 2022 la difficoltà di reperimento interessa 4 lavoratori su 10 (40,4%), pari a 148.560 entrate delle 367.720 totali previste, con un aumento di 13,9 punti su aprile 2019, mese pre-crisi. A livello territoriale le criticità maggiori si registrano in Trentino-Alto Adige (51,6%, +19,4 punti su aprile 2019), Friuli-Venezia Giulia (50,4%, +18,4 punti) e Umbria (48,1%, +17,1 punti). Per quanto riguarda gli operai specializzati e i conduttori di impianti e macchine, la difficoltà di reperimento sale al 52,0%, quota superiore di 11,6 punti percentuali rispetto al totale entrate e in aumento di 18,0 punti percentuali rispetto al pre-crisi; sono particolarmente difficili da assumere gli Operai nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche (60,1%, +14,7 punti percentuali) e la crescita più intensa della quota di difficoltà di reperimento rispetto al pre-crisi è il +28,5 punti percentuali degli Operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici la cui quota raddoppia (da 26,1% a 54,6%) ed è la terza più alta ad aprile 2022.