Frena la manifattura, calo più accentuato nei settori energivori
I prezzi dell’energia spingono al rialzo le previsioni di inflazione della Bce. Prestiti per “Energia e utilities” in discesa del 12,5%

Giovedì scorso il Consiglio direttivo della BCE ha deciso un aumento dei tassi di 25 punti base, il decimo rialzo consecutivo da luglio 2022. Ci si poteva attendere una possibile pausa nella stretta, ma dietro a questa scelta vi è una revisione al rialzo dell’inflazione prevista per il 2023 (5,6% era 5,4% nelle previsioni di giugno) e per il 2024 (3,2%, era 3,0% a giugno). La BCE precisa che  “la correzione al rialzo riflette principalmente l’evoluzione più sostenuta dei prezzi dell’energia.”

Dopo questo rialzo, sale la probabilità di una pausa nella stretta monetaria, considerato che “i tassi di interesse di riferimento della BCE abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo.”

Salirà ulteriormente il costo del credito  – a luglio per le imprese è salito di 358 punti base in dodici mesi – mentre in Italia si intensifica il calo dei prestiti alle società non finanziarie che a luglio, su dati corretti per le cartolarizzazioni e altre cessioni, sono diminuiti del 4,0% (-3,2% nel mese precedente), mentre in Eurozona risultano in crescita dell’1,7% (era +2,4% a luglio).

L’analisi dei dati settoriali, non corretti, evidenzia a luglio una flessione del 12,3% dei prestiti alle imprese di Energia e Utilities, un calo più marcato del -5,9% della manifattura e in intensificazione rispetto al trend dei mesi precedenti (-5,9% a giugno e -3,9% a maggio). Il calo è quasi interamente determinato dalla Produzione di elettrica e gas (-16,5%), mentre per Acqua e rifiuti la flessione si ferma al -1,9%.

Sul fronte della dinamica dei prezzi, ad agosto prosegue la fase di rallentamento dell’inflazione (scesa a +5,4%) e della sua componente di fondo (+4,8%), mentre entrano in territorio negativo (-0,1%) i prezzi dei beni energetici, dopo oltre due anni di crescita (QE 12/9). Nel confronto internazionale, basato sui dati pubblicati stamane da Eurostat l’indice dei prezzi dell’energia in Italia rimane superiore del 46,7% a quello di due anni prima, un gap di oltre dodici punti percentuali più ampio del +34,6% registrato in Eurozona.

La recessione in Germania, la bassa crescita della Cina e l’indebolimento del ciclo delle costruzioni contribuiscono ad una frenata dell’attività manifatturiera. Nel secondo trimestre del 2023 il PIL segna ‘crescita zero’ in Germania mentre in Cina registra un limitato aumento (+0,8%), in decelerazione rispetto al primo trimestre dell’anno (+2,2%). Sul fronte dei prezzi, ad agosto la Cina è prossima alla deflazione. Nei primi sette mesi del 2023 l’export del made in Italy verso la Germania cala dell’1,6% e quello verso la Cina, al netto del farmaceutico (che presenta un outlier, con una crescita del 501%), scende dell’1,8%.

Dopo due mesi di crescita congiunturale, a luglio la produzione manifatturiera registra una diminuzione dell’1,1%; il calo è  diffuso ai principali comparti, con l’esclusione dell’energia che registra un aumento del 4,0%. Rimane in territorio positivo (+0,1%) l’andamento congiunturale complessivo nella media degli ultimi tre mesi. Il raggruppamento dei settori energivori segna in Italia un calo più intenso (-1,9% rispetto al mese precedente), mentre registra una tenuta nell’Eurozona.

Nei primi sette mesi del 2023 la produzione manifatturiera cumula una flessione dell’1,9%, con una maggiore accentuazione per i settori energivori, la cui produzione scende del 5,4%. Mentre la manifattura in Italia cede, quella in Eurozona tiene (crescita zero) mentre aumenta in Francia (+1,4%) e Germania (+0,8%). Nei comparti a maggiore intensità di energia il calo è diffuso, con flessioni del 3,5% in Francia, del 7,6% in Germania  e del 5,6% nella media dell’Eurozona.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 19 settembre 2023