Frenata investimenti, impatto su crescita e transizione imprese
In dodici mesi di stretta monetaria si è registrato un aumento dei tassi sui prestiti di 359 punti base

Le previsioni d’estate della Commissione europea pubblicate ieri confermano il rallentamento dell’economia italiana, prevedendo nel 2023 una crescita del PIL dello 0,9% e nel 2024 dello 0,8%, con una revisione al ribasso di 0,3 punti per anno rispetto alle previsioni di primavera di maggio. Sulla frenata domina il calo della domanda interna, in particolare degli investimenti, mentre l’export è penalizzato dalla recessione conclamata della Germania (-0,4% nel 2023).

Sulla base dei analisi dei dati aggiornati da Eurostat nei giorni scorsi, nel secondo trimestre 2023 gli investimenti fissi lordi in Italia registrano una flessione dell’1,8% rispetto al trimestre precedente, a fronte della stagnazione (-0,1%) in Francia e l’aumento dello 0,4% in Germania e Ue a 27, mentre si osserva un maggiore dinamismo in Spagna (+4,6%).

Nell’arco di dodici mesi – periodo in cui si è manifestata la stretta monetaria che ha determinato un aumento dei tassi sui prestiti alle imprese di 359 punti base – gli investimenti fissi lordi flettono dello 0,6% in Italia, mentre salgono dell’1,3% in Eurozona, del 2,2% in Francia, del 2,0% in Spagna e dell’1,7% in Germania. Sul calo in Italia hanno influito le difficoltà di  attuazione del PNRR (QE 11/7) che nel 2022 hanno depotenziato la spinta degli investimenti pubblici, che dovrebbe manifestarsi a pieno nel biennio 2023-2024: secondo il Documento di economia e finanza dello scorso aprile, a legislazione vigente, gli investimenti pubblici passerebbero dai 51,5 miliardi del 2022 (2,7% del PIL) ai 66,6 miliardi del 2023 (3,3% del PIL) per arrivare a 79,0 miliardi nel 2024 (3,8% del PIL).

Va ricordato che, grazie al sostegno degli incentivi di politica fiscale per interventi sugli edifici e acquisto di macchinari, l’Italia ha registrato la maggiore crescita degli investimenti rispetto ai livelli pre-pandemia tra i maggiori paesi europei, con una crescita del 20% tra il quarto trimestre 2019 e il secondo trimestre 2023, a fronte dei calo del 4,2% dell’Eurozona, del 3,0% in Ue a 27 e del 2,0% in Germania, del ristagno (-0,8%) in Spagna e  del più contenuto aumento del 4,7% in Francia.

Per le imprese gli investimenti sono strategici per affrontare le tre grandi transizioni – demografica, digitale e ambientale – rendendo possibili incrementi di produttività che compensano la contrazione della popolazione attiva e supportando la digitalizzazione dei processi produttivi, l’efficienza energetica, la riduzione dei rifiuti e, più in generale, il contenimento dell’impatto sull’ambiente dell’attività aziendale.

Gli investimenti nel settore Energia  e utilites – Sulla base delle stime preliminari di contabilità nazionale nel 2022 si calcola che gli investimenti, valutati a prezzi correnti, nel settore Energia e utilites ammontino a 22,8 miliardi di euro. Il 53,7% degli investimenti nel settore è rappresentato da  fabbricati non residenziali e altre opere, il 25,9% da impianti e macchinari – di cui 3,1% da mezzi di trasporto, l’1,4% da apparecchiature ICT e il 31,4% da altri impianti e macchinari –  il  10,3% da prodotti di proprietà intellettuale, di cui 9,5% dal software e basi di dati e 0,8% da R&S.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 12 settembre 2023