Import energia, Mosca resta il primo fornitore ma nel 2022 perde 6 punti di quota
Cambia la geopolitica energetica: l’anno scorso salito il peso di Algeria, Usa, Svizzera e Norvegia mentre è sceso quello di Libia, Arabia Saudita e Iraq

L’aggravamento della crisi energetica conseguente all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha spinto il deficit energetico al 5,8% del PIL, il più elevato dopo quello del 1981 (QE 4/4), modificando in profondità il quadro geopolitico dell’energia. La Russia ha ridotto il peso del suo apporto, ma con il sostegno delle forniture di petrolio greggio mantiene la posizione di primo paese per valore dell’import energetico. Con la sostituzione del gas russo, l’Algeria diventa il primo fornitore di questa commodity, mentre sale il peso di Norvegia, via gasdotto, e del Qatar, grazie alle vendite di gas naturale liquefatto (GNL). Grazie al maggiore apporto di GNL e petrolio greggio gli Stati Uniti diventano un player chiave.  Il forte incremento delle forniture di energia elettrica determina il maggiore dinamismo del peso per la Svizzera. Su base continentale, all’ampliata rilevanza di America settentrionale e Africa si contrappone al ridimensionamento della posizione dei paesi europei e del Medio Oriente.

Diamo uno sguardo ai dati. Nel 2022 l’escalation dei prezzi fa salire a 139,8 miliardi di euro il valore delle importazioni di beni energetici: carbone, petrolio greggio e raffinato, gas naturale ed elettricità.  Si deteriora il ruolo preminente della Russia che, pur rimanendo il primo fornitore con il 16,6% dell’import di energia, a seguito dello switch negli acquisti di gas registra un calo della quota di 6 punti in un anno. Seguono l’Azerbaijan con il 14,4% e l’Algeria con il 12,6%. Quote più contenute per Libia con il 7,1%, Stati Uniti con il 5,6%, Arabia Saudita con il 4,7%, Francia e Svizzera con il 4,2%. Nel corso del 2022 sale il peso di Svizzera (+3,9 punti), Algeria e Stati Uniti (entrambi con +3,1 punti) e Norvegia (+2,1 punti). Oltre che per la Russia, scende il peso di Libia (-2,8 punti), Arabia Saudita e Iraq (entrambi con -1,7 punti).
Per il gas naturale, commodity che pesa per quasi la metà (45,5%) del valore dell’import energetico, l’Algeria diventa il primo fornitore dell’Italia con il 24,4%, seguita da Azerbaijan con 20,9%, Russia con 20,7%, Qatar con 8,8% e Norvegia con 8,6%.
Per il petrolio greggio, che pesa per il 30,5%, il principale paese fornitore è l’Azerbaijan con una quota del 16,2%, seguito dalla Russia con 16,1%, Libia con 15,3%, Iraq con 11,9% e Stati Uniti con 7,5%.
Per il petrolio raffinato, che pesa per il 10,9%, il primo fornitore è l’Arabia Saudita con 23,4%, seguita da Russia con 14,0%, Algeria con 6,7%, Grecia e India con 5,9%.
Per l’elettricità che arriva a pesare per il 10,2% dell’import di energia (era il 4,0% nel 2019), si registrano i maggiori acquisti dalla Svizzera con il 40,3%, che nel 2022 supera la Francia che ferma la quota al 37,5%; seguono Slovenia con 7,5%, Montenegro con 7,1% e Austria con 3,9%. Da segnalare che a fronte di un aumento dell’1,8% dei volumi di elettricità importata si associa un aumento del 164,0% del valore dell’import.
Infine per il carbone, che pesa per il restante 2,9% dell’import di energia, la Russia è il primo fornitore con 28,0%, davanti a Sud Africa con 22,6%, Stati Uniti con 13,1%, Indonesia con 12,2% e Australia con 11,7%.
In attesa delle previsioni del DEF 2023 che dovrebbero delineare una crescita del PIL non distante dal punto percentuale, va ricordato che con il proseguimento della guerra in Ucraina, le economie europee rimangono esposte al rischio dell’interruzione delle forniture dalla Russia, a seguito della quale l’economia italiana precipiterebbe in una severa recessione.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 11 aprile 2023