In attesa della Bce: caro-tassi +391 punti base in Italia
Prestiti Energia e utilities in calo del 16,6%, maggiore costo del credito di 778 milioni di euro
In un quadro europeo caratterizzato da una inflazione in discesa, giovedì prossimo, 14 dicembre, la Banca centrale europea deciderà se prolungare la pausa nei rialzi dei tassi o procedere ad un ritocco verso l’alto. Appare improbabile un taglio, considerato che la BCE ritiene che i tassi si collochino su livelli che, “mantenuti per un periodo sufficientemente lungo”, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento dell’obiettivo del ritorno dell’inflazione al 2% a medio termine. Con il caro-tassi viene penalizzata la propensione ad investimenti in macchinari (QE 7/12) mentre si riduce la domanda di credito, più accentuata nel comparto energetico.
Il caro-tassi – Secondo l’ultimo aggiornamento pubblicato dalla BCE nei giorni scorsi, ad ottobre 2023 il costo del credito bancario per le imprese in Italia sale al 5,52%, in aumento di 391 punti base rispetto all’1,61% di giugno 2022, mese precedente all’avvio della stretta monetaria. Il costo del credito in Italia è di 26 punti base superiore alla media dell’Eurozona e nei sedici mesi in esame è salito di 48 punti base in più rispetto all’incremento registrato in Uem.
Pesante il calo dei prestiti – All’aumento del costo del denaro si associa una riduzione del credito alle imprese. L’analisi dei dati del report di ‘Banche e moneta’ pubblicato oggi dalla Banca d’Italia, evidenzia che ad ottobre 2023 i prestiti alle imprese, lordi e non corretti, scendono del 7,1%. Il calo è diffuso tra i settori ,con una flessione del 6,5% nei servizi, del 7,3% nel manifatturiero e dell’8,0% nelle costruzioni. Più marcata la riduzione nel comparto energia e utilities, in cui i prestiti scendono a 26,9 miliardi di euro, il 16,6% in meno rispetto un anno prima. Flessione più marcata per energia elettrica e gas (-18,7%) rispetto ad acqua e rifiuti (-11,9%). Va ricordato che sulla maggiore esposizione bancaria di un anno fa pesava la domanda di fondi indotta dall’elevato costo di acquisto delle commodities energetiche.
Le fonti di finanziamento nel settore energia e utilites – In una fase di stretta monetaria i piani di investimento e sviluppo delle imprese possono essere sostenuti da fonti di finanziamento alternative al credito bancario. L’analisi dei risultati dell’indagine condotta per il censimento permanente delle imprese ci indica che nel 2022 si consolida l’autofinanziamento come strumento di finanziamento interno più diffuso tra le imprese di energia e utilities – in questo perimetro ad energia elettrica, gas, acqua e rifiuti si aggiunge la raffinazione – a cui ricorre il 76,4% delle imprese, in crescita rispetto al 70,7% del 2018. Al secondo posto tra le fonti principali di finanziamento si colloca il finanziamento bancario, distinto in credito bancario a medio-lungo termine (35,4%) e a breve termine (12,4%), in netto calo rispetto al 2018 rispettivamente di 3,9 e 10,3 punti percentuali. Tra le forme di finanziamento esterno complementari al credito bancario risultano più diffusi leasing e factoring (19,4%), incentivi e/o agevolazioni pubbliche (6,0%) e i crediti commerciali (5,5%). Tra gli altri strumenti di finanziamento, vale la pena menzionare il finanziamento pubblico (3,3%). In generale incentivi, agevolazioni e fondi di natura pubblica registrano una maggiore diffusione a seguito degli interventi governativi che hanno fatto seguito al periodo pandemico.
Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 12 dicembre 2023