
Italia nel guado della transizione verso la mobilità elettrica
Recupera la domanda di e-car, cede la produzione e boom dell’import di vetture cinesi
La Commissione europea fatica a revisionare in modo sostanziale la traiettoria della transizione verso la decarbonizzazione nel trasporto tracciata sei anni fa nel Green Deal, che prevede al 2035 l’immatricolazione di tutti gli autoveicoli ad emissioni zero. In parallelo si trascina una lunga crisi della produzione europea di auto che deve fare i conti con una crescente aggressività dell’import della Cina. Il terremoto generato in Europa dal crollo della produzione di auto e il boom dell’import di autoveicoli dalla Cina ha l’epicentro in Italia, dove si associa una bassa diffusione delle auto elettriche. Sulla base di una recente analisi dell’Ocse, in Italia la produzione di auto è maggiormente integrata con altri settori della meccatronica, per cui la caduta della produzione si riverbera su una più ampia gamma di settori dell’indotto.
Nel confronto internazionale di Eurostat nel 2024 la quota di immatricolazioni di auto elettriche pure (BEV) resta al 4,2%, ben lontana dalla media UE del 13,6%, sospinta dai forti tassi di penetrazione dei paesi nordeuropei di Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Finlandia e Belgio.
Alle incertezze del mercato si sovrappongono le condizioni restrittive di finanza pubblica che rendono discontinui gli incentivi, una preferenza ancora marcata per ibride e motori tradizionali, i prezzi percepiti come elevati e una rete di ricarica in crescita ma non ancora tale da garantire una diffusione dell’uso di BEV.
I dati gennaio–ottobre 2025 della struttura del mercato di UNRAE mostrano una qualche segnale di recupero, con le immatricolazioni di automobili BEV che crescono del +26,3% sullo stesso periodo del 2024, raggiungendo 67.581 unità e una quota del 5,2% del mercato nazionale.
Un consolidamento della domanda di BEV è atteso dai 55.680 voucher finanziati dagli incentivi per 595 milioni di euro previsti dal PNRR per sostenere l’acquisto di veicoli elettrici da parte di famiglie e microimprese a fronte della rottamazione di un veicolo termico fino a Euro 5.
Questa spinta non appare comunque sufficiente per colmare il divario europeo e raggiungere il target previsto nel PNIEC che indica per il 2030 una diffusione di 4,3 milioni di veicoli elettrici puri (BEV). Per arrivare a tale obiettivo il parco circolante di veicoli elettrici dovrebbe registrare una crescita media di 670mila unità all’anno.
Inoltre, gli incentivi alla domanda al di fuori del PNRR non appaiono sostenibili per le finanze pubbliche italiane, con le nuove regole europee che impongono un tetto alla crescita della spesa primaria netta dell’1,5%, associato ad una forte riduzione del rapporto deficit/PIL.
La fase di debolezza del mercato italiano si innesta su una crisi dell’offerta, che attraversa come una corrente fredda tutta la manifattura automobilistica europea, come evidenziato nel 20° Rapporto annuale di Confartigianato (QE 25/11, per scaricarlo). Nel 2025 la produzione di autoveicoli nell’UE scivola del 3,2% nei primi nove mesi. Ma è in Italia che l’onda d’urto si abbatte con maggiore intensità, segnando un calo del 13,2%, il peggior dato tra i grandi produttori. La Germania – pur sotto pressione – limita la perdita di produzione al 2,7%; Francia e Polonia, addirittura, navigano in controcorrente, segnando rispettivamente +0,9% e +3,6%. La caduta dell’offerta italiana si delinea con chiarezza nella più lunga traiettoria temporale: dal 2019, anno del varo del Green Deal europea, al 2025 la produzione italiana di autoveicoli è crollata del 31,5%, un calo di intensità doppia rispetto alla già grave flessione del 15,1% della media UE. A fronte dell’impoverimento dell’offerta di auto prodotte in Italia, si assiste ad una crescente aggressività della produzione cinese, di cui il nostro Paese è il bersaglio principale, su cui ha un effetto limitato la politica dei dazi dell’Unione europea. Nei primi otto mesi del 2025 l’import di autoveicoli dalla Cina segna un aumento del 43,7% su base annua, a fronte dell’incremento dell’11,1% della media UE e della Francia, mentre l’import di autoveicoli cinesi in Germania scende del 3,7%.
L’Italia si trova compressa tra due pressioni simultanee: la perdita di capacità produttiva e l’ascesa dell’offerta cinese, che sta progressivamente riempiendo gli spazi lasciati vuoti dalla filiera europea, intercettando la domanda italiana. Il mercato prova comunque a muoversi verso l’elettrico, ma lo fa con esitazione e con una velocità insufficiente a ridurre il divario con l’Europa e a raggiungere il target di decarbonizzazione al 2030. Se la domanda tenta di cambiare rotta gli ingranaggi dell’offerta manifatturiera che dovrebbero sostenerlo scricchiolano. Sul contrasto tra il ritardo della produzione domestica e l’aggressività cinese si sta giocando la difficile partita del futuro dell’automotive italiano ed europeo.
Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 2 dicembre 2025
