La bufera energetica nei dodici mesi di guerra
Cosa cambia da febbraio 2022 nel trend dei prezzi, interventi statali, bolletta energetica, import-export gas, fornitori GNL e petrolio, produzione energia ed efficienza energetica delle imprese

Questa settimana scade il triste anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Nei dodici mesi di guerra abbiamo registrato un terremoto sui mercati energetici globali e con un ‘simsografo statistico’ delineiamo alcune delle sollecitazioni sull’economia italiana indotte dal conflitto scoppiato nel cuore dell’Europa. Con il deragliamento estivo delle quotazioni del gas europeo, il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica (Pun) medio tra marzo 2022 e febbraio 2023 è di 294,9 euro/MWh, risultando quasi raddoppiato (+94,5%) rispetto alla media dei dodici mesiInflazione, precedenti.

Tra marzo e dicembre 2022 i prezzi al consumo di beni energetici in Italia salgono del 52,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ben 14,7 punti in più rispetto al +38,2% dell’Eurozona; nel dettaglio il prezzo del gas è salito del 70,6% e quello dell’energia elettrica addirittura è più che raddoppiato, salendo del 117,4%, a fronte del +21,6% di Germania e al +8,0 della Francia. Meno accentuato il caro carburanti, che si ferma al +16,2% (risultando meno severo del +23,4% dell’Eurozona), con il gasolio, però, che sale del 22,1%, un ritmo più che doppio rispetto +10,2% della benzina.

La vistosa differenziazione dell’inflazione energetica e la frammentazione degli interventi anticiclici nei paesi dell’Ue amplia il gap di competitività delle imprese italiane. Nel confronto internazionale aggiornato dal Bruegel la scorsa settimana gli aiuti statali contro il caro energia in Germania superano di 2,2 punti di PIL quelli dell’Italia, un gap che vale 41,9 miliardi di euro. Inoltre, si amplia il divario competitivo tra Europa e Stati Uniti: se nel 2019 il gas europeo costava 1,9 volte quello statunitense, il rapporto sale a 5,8 a febbraio 2022, per arrivare a 6,2 a gennaio 2023.

Nei primi dieci mesi di guerra si cumula una bolletta energetica di 96,8 miliardi di euro, registrando un aumento di 53,2 miliardi (+122,1%) rispetto allo stesso periodo del 2021. Il valore delle importazioni di energia è salito del 113,6%, aumento tutto determinato dai prezzi all’importazione (+115,0%) mentre i volumi segnano una leggera flessione (-0,7%).

Tra marzo e dicembre 2022 il volume di gas importato scende dell’1,8% su base annua, combinazione di un aumento del +45,5% dell’import di gas naturale liquefatto (GNL) mentre scende del 9,4% il flusso in ingresso attraverso i gasdotti. Più che dimezzato (-55,9%, pari ad una riduzione di 13,7 miliardi di mc) il flusso di gas immesso a Tarvisio proveniente dalla Russia, controbilanciato dalle immissioni provenienti da Paesi Bassi e Norvegia (+4,4 miliardi di mc), dall’Algeria (+2,4 miliardi di mc) – che nei dieci mesi in esame diventa il primo fornitore di gas dell’Italia – e dall’Azerbaigian (+2,3 miliardi di mc).

Nei primi nove mesi di guerra la quota di importazioni di GNL in arrivo dal Qatar segnano un calo di 19,8 punti a fronte dell’aumento di 14,4 punti della quota degli Usa che, superando l’Algeria, diventano il secondo maggior fornitore di gas liquefatto dell’Italia.

Nonostante l’alto fabbisogno di gas, negli ultimi dieci mesi del 2022 abbiamo assistito al paradossale triplicarsi delle esportazioni di questa commodity (+207,3%, pari a +2,9 miliardi di mc).

Sul fronte delle importazioni di petrolio, sale la quota della Russia, come segnalato nel Bollettino statistico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: “tra gennaio e settembre 2022 l’incidenza del prodotto russo sulle importazioni totali da Paesi extra-UE è salita dal 17,9 al 24,7 per cento”. Sulla base di questo andamento, connesso con le forniture alla raffineria Isab di Siracusa (QE 7/2), la Russia diventa il primo fornitore di petrolio dell’Italia. Tra gli altri maggiori paesi fornitori, sale la quota di Stati Uniti, Kazakistan e Angola, mentre si riducono quelle di Azerbaigian, Arabia Saudita e Libia.

La crisi energetica ha stimolato le imprese a switch verso input di energia meno costosi e a  marcati incrementi di efficienza energetica: tra febbraio e dicembre 2022, nonostante il consumo industriale di gas crolli del 17,7%, la produzione manifatturiera mostra un segnale di tenuta (-0,3%). Sul lato dell’offerta di energia, nei primi nove mesi di guerra la produzione di energia elettrica e gas in Italia scende del 3,2%, a fronte di cali più marcati in Germania (-5,2%) e Francia (-12,5%), mentre è in controtendenza la Spagna (+5,7%).

Imprese ed energia, 21 febbraio 2023