Prezzi energia imprese, spread Italia-Eurozona ai massimi
Il divario con le imprese tedesche sale al 70% per l’elettricità e all’84% per il gas, mentre la Germania spende contro il caro-bollette 2,2 punti di Pil in più della Penisola

La crisi energetica, associata ad una dinamica divergente dei prezzi dell’energia e una frammentazione degli interventi di politica fiscale in Europa hanno aperto una voragine di competitività per le imprese italiane, protagoniste della seconda economia della manifattura europea, con esportazioni che nel 2023 (ultimi dodici mesi a febbraio) valgono 636,2 miliardi di euro, quasi un terzo (32,7%) del PIL.

La frenata della manifattura – A marzo 2023 si registra la terza flessione consecutiva dell’indice destagionalizzato della produzione industriale. Nel complesso del primo trimestre del 2023 la produzione manifatturiera in Italia scende dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti e rimane in territorio negativo (-0,2%) anche in termini tendenziali. Al contrario, la produzione nel primo trimestre 2023 sale del 2,1% su base annua in Spagna, dell’1,7% in Germania e dello 0,7% in Francia, con un aumento medio dell’1,5% nell’Ue a 27.

Va osservato che nel primo trimestre del 2023 i consumi industriali di energia elettrica si riducono del 5,2% su base annua mentre quelli di gas scendono del 12,9%, confermando la tendenza di una maggiore efficienza energetica del sistema manifatturiero italiano.

L’andamento negativo della manifattura di inizio 2023 segue un 2022 in cui l’attività manifatturiera in Italia era salita (+0,8%), ma con una maggiore debolezza rispetto all’Ue a 27 (+3,8%). Prima dello scoppio della crisi energetica, invece, la manifattura italiana aveva recuperato pressoché completamente (-0,3%) i livelli pre-pandemia del 2019 mentre si registravano ritardi, anche pesanti, per Spagna (-3,0%), Germania (-5,5%) e Francia (-6,3%).

Ai massimi lo spread dei prezzi dell’energia per le imprese – Sul rallentamento della produzione pesano i più alti costi dell’energia in Italia. Le imprese manifatturiere sono state pesantemente colpite dalla crisi energetica, nell’8,8% dei casi con una riduzione o sospensione dell’attività, mentre il 70,3% delle imprese indica i rincari energetici tra le criticità del primo semestre del 2023. Come già evidenziato in questa rubrica (QE 18/4), gli aumenti di prezzo dell’energia hanno registrato ritmi differenziati tra i paesi europei, con maggiori accentuazioni proprio per l’Italia, compromettendo la competitività delle imprese. L’analisi dei dati Eurostat evidenzia che nella seconda metà del 2022, in corrispondenza della maggiore pressione dei prezzi energetici, in Italia una impresa con consumi di energia elettrica tra 500 e 2000 MWh all’anno – la classe di consumo intermedia – spende 337 euro al MWh, il 57,0% in più rispetto ai 215 euro pagato nella media dell’Eurozona. Il divario si colloca sui massimi da inizio della serie (2007), superando il precedente picco del 48% registrato dieci anni prima (secondo semestre 2012); nell’ultimo triennio si inverte il trend di progressiva discesa che aveva portato lo spread al minimo dell’11,6% nel primo semestre del 2020.

Per il prezzo del gas si registra un divario di analoga ampiezza per una impresa che consuma tra 10mila e 100mila GJ, gap che nel secondo semestre 2022 arriva al 52%, invertendo una condizione di vantaggio competitivo (spread negativo) registrata fino al secondo semestre del 2021. In questa classe di consumo, il prezzo nella seconda metà 2022 è aumentato dell’80,5% su base annua in Eurozona, per arrivare addirittura al 180,6% in Italia.

Sulla concorrenza del sistema manifatturiero europeo, inoltre, pesa la frammentazione delle politiche contro il caro energia: secondo l’ultimo confronto condotto da Bruegel, gli interventi per contrastare il caro energia sono pari al 5,2% del PIL in Italia, ben 2,2 punti inferiori al 7,4% della Germania. A tal proposito va ricordato che il costo dell’energia elettrica per una impresa in Italia è del 69,8% superiore a quello pagato in Germania mentre per il gas il divario con i concorrenti tedeschi sale addirittura all’84,0%.

Il mancato coordinamento negli interventi fiscali e la carenza negli strumenti europei comuni hanno gravemente penalizzato la produzione del made in Italy. Appare ancora incerto che la riduzione in corso dei prezzi dell’energia garantisca una rientro dello spread, con il rischio che la crisi energetica lasci in eredità una perdita strutturale di competitività del sistema manifatturiero italiano.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 16 maggio 2023