Sale il costo del credito e la crisi spinge la domanda di prestiti
Dinamica maggiormente accentuata nei settori energia ed energy intensive. Si amplifica così la pressione dei costi nei comparti più colpiti dallo shock dei prezzi

Nella storia dell’euro non hanno precedenti la stretta monetaria in corso e le condizioni di crescita dei prezzi. Lunedì scorso i dati Eurostat collocano per ottobre l’inflazione dell’Eurozona sopra la barriera psicologica della doppia cifra, pari al 10,7% (era 9,9% a settembre), un tasso che sale all’11,6% in Germania (dove già a settembre arrivava al 10,9%) e al 12,8% in Italia (era 9,4% a settembre), mentre si ferma al 7,1% in Francia (era 6,2% a settembre). Dopo aver sottostimato la spinta inflazionistica, in coerenza con il target di inflazione del 2%, giovedì scorso il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha definito un rialzo di 75 punti base dei tassi di interesse ufficiali, dopo un primo incremento di 50 punti base in luglio e un secondo di 75 punti base in settembre: nel complesso si tratta di un aumento di 200 punti base nell’arco di 98 giorni. E non è finita: la BCE “prevede di aumentare ulteriormente i tassi di interesse per assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine”.L’orientamento restrittivo della BCE, in un contesto caratterizzato da inflazione spinta dai costi, nel quale la politica monetaria è notoriamente meno efficace, aumenta la probabilità di una recessione: le previsioni di ottobre del Fondo monetario internazionale indicano nel 2023 un calo del PIL in Germania e in Italia. Va peraltro ricordato che, mentre la Germania ha ampi spazi fiscali per una politica di bilancio espansiva, per l’economia italiana si delinea una pericolosa sincronizzazione pro-ciclica tra una politica fiscale “prudente” – come indicato nelle raccomandazioni della Commissione europea – e una vigorosa stretta monetaria.
Inoltre, il rincaro dei tassi di interesse ha rilevanti effetti sui conti pubblici. Con l’andamento più sfavorevole dei tassi l’importo della spesa per interessi previsto dalla Nota di aggiornamento al DEF 2022 di settembre supera quello indicato nel DEF 2022 di aprile di 9,3 miliardi di euro nel 2022 e di 16,3 miliardi nel 2023. L’aumento del costo del debito influisce su un ampio volume di nuove emissioni, tenuto conto che nell’arco di dodici mesi tra ottobre 2022 e settembre 2023 sono in scadenza titoli di stato per 349,8 miliardi di euro.
Le ricadute sulle imprese della stretta monetaria sono pesanti. La salita del costo del credito amplifica la compressione della redditività determinata dalla straordinaria pressione dei costi dell’energia e delle materie prime, mentre riduce la domanda per investimenti e l’attività del settore immobiliare e di quello delle costruzioni, i comparti che hanno sostenuto la ripresa post-Covid-19; da inizio anno ad agosto 2022 il tasso medio sui mutui per l’acquisto di abitazioni è già salito di 68 punti base. Inoltre, si potrebbe interrompere una fase ordinata di phase out dagli interventi a sostegno della liquidità resi necessari dallo shock pandemico. Nel corso del 2022 si amplia la quota di imprese con una più elevata probabilità di insolvenza: secondo l’Osservatorio rischio imprese di Cerved, anche nel settore utility ed energia la quota di imprese a rischio default – in difficoltà a far fronte agli impegni, anche a breve termine, con un rischio di credito elevato, molto elevato o massimo – sale dal 13,8% del 2021 al 15,0% del 2022, pur rimando inferiore al 16,1% della media delle imprese.
La crisi energetica in corso influisce sulle condizioni di liquidità e sulla domanda di credito delle imprese, coinvolgendo in particolare le imprese più presenti sul lato della domanda e dell’offerta di energia. Di conseguenza, il caro tassi associato all’aumento dei prestiti amplifica la pressione dei costi nei settori maggiormente colpiti dallo shock dei prezzi di elettricità e gas. Ad agosto 2022 i prestiti alle imprese (lordi e non corretti) salgono del 2,5%, con una forte accentuazione nel comparto della fornitura di energia elettrica e gas dove si registra un aumento del 31,2%, mentre si registra una crescita a doppia cifra (+12,9%) anche per acqua e rifiuti: complessivamente il comparto di energia a utilities registra una crescita del 25,5%. Nella manifattura si osserva un più marcato dinamismo dei prestiti nei settori più energivori, che nel complesso registrano un aumento del 6,4% – con una accentuazione per gomma e plastica (+12,2%) e raffinazione del petrolio, prodotti chimici e farmaceutici (+9,2%) – mentre i restanti settori manifatturieri segnano una flessione del 3,3%. Nel resto dell’economia, i prestiti salgono del 2,8% nei servizi mentre sono in calo del 5,5% nelle costruzioni.

Imprese ed energia, 2 novembre 2022