Due anni dall’invasione dell’Ucraina: cosa è cambiato per economia ed energia
Azzerato l’import di greggio dalla Russia, nel gas la quota crolla al 5,1%. Gli Usa diventano 4° fornitore di petrolio e gas. In due anni 79,9 mld di euro di interventi statali per contrastare lo shock energetico
Nei due anni successivi all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia del 24 febbraio 2022, si sono registrate forti turbolenze nei mercati che hanno intensificato il grado di incertezza per le imprese. Pesanti le ricadute sui prezzi dell’energia e sul costo del credito, mentre si è fortemente ridotta la dipendenza dalle forniture di energia della Russia, compensata da importazioni provenienti prevalentemente da Algeria, Stati Uniti, Kazakhstan e Norvegia. Nonostante l’elevata instabilità internazionale, aggravata dalla crisi in Medio Oriente, crescono il PIL e gli occupati.
Dopo aver superato i massimi del 2022, nel 2023 i prezzi al consumo dell’energia elettrica e gas scendono ma rimangono del 76,0% superiori alla media di due anni prima. A dicembre 2023 i prezzi al consumo di elettricità e gas risultano superiori del 30,1% a quelli di dicembre 2021. Nel 2023 (media primi undici mesi) i prezzi all’importazione di petrolio greggio e gas sono scesi del 40,9% su base annua, rimanendo al di sopra del 10,1% rispetto al corrispondente livello del 2021.
Le misure per contrastare il caro-energia hanno generato un impatto rilevante di finanza pubblica: in due anni tali interventi sono quantificati nell’ultima Nota di aggiornamento al DEF in 79,9 miliardi di euro, di cui 53,8 miliardi (2,8% del PIL) nel 2022 e 26,1 miliardi di euro (1,3% del PIL) nel 2023.
L’Italia ha fortemente ridotto la dipendenza energetica dalla Russia, che nel 2021 era il nostro primo fornitore di petrolio greggio e gas e nel 2023 è scesa all’11° posto. Nel biennio in esame, la riduzione di 22,7 punti della quota dell’import dalla Russia è stata più che compensata dalle quote di Algeria (+8,5 punti), Stati Uniti (+7,9 punti), Kazakhstan (+4,9 punti) e Norvegia (+3,3 punti). Si è azzerato l’import di petrolio dalla Russia, che nel 2021 era il nostro 5° fornitore con una quota dell’8,7%. La quota della Russia relativa all’import di gas è caduta dal 44,9% del 2021 al 5,1% del 2023, con una perdita di 5 posizioni nel ranking dei fornitori (dal 1° posto del 2021 al 6° del 2023).
Cresce il peso degli Stati Uniti nell’apporto di gas naturale liquido e di petrolio greggio. Il Qatar, che nel 2021 determinava il 63,4% del valore degli acquisti di GNL, nel 2023 scende al 36,6%, una riduzione quasi interamente compensata dagli Stati Uniti che passano dal 9,9% del 2021 al 30,7% del 2023, superando l’Algeria che nel 2021 era il secondo fornitore di GNL. In salita anche gli acquisti di GNL dalla Spagna, con la rispettiva quota che nel biennio in esame passa dallo 0,8% al 7,5%, diventando il quarto paese fornitore dell’Italia. Nelle forniture di petrolio greggio gli Stati Uniti passano da una quota del 3,4% (7° posto nel ranking) nel 2021 al 12,5% (3° posto) nel 2023. Nel complesso di petrolio greggio e gas, nel 2023 gli Stati Uniti diventano il 4° fornitore con una quota del 10,3% (erano al 9° posto con una quota del 2,4%). Da segnalare anche la salita di 7 posizioni del Kazakhstan che passa dall’1,5% delle forniture di greggio e gas del 2021 al 6,4% del 2023.
Lo shock inflazionistico innescato dai costi energetici ha indotto una stretta monetaria da parte della Banca centrale europea di intensità senza precedenti nella storia dell’euro. A dicembre 2023 il costo del credito per le imprese italiane è di 420 punti base superiore al livello di fine 2021. Il caro-tassi riduce la domanda di credito: a dicembre 2023 i prestiti alle imprese cedono del 3,7% su base annua mentre due anni prima salivano dell’1,7%. Più marcata la flessione (-11,9%) del credito al settore energia e utilities (QE 20/2).
La caduta della domanda conseguente alla guerra e le sanzioni hanno pesantemente ridotto le vendite del made in Italy dirette verso i due paesi in conflitto. Nel 2023 (ultimi dodici mesi a novembre) l’export verso la Russia e Ucraina è sceso di 3,1 miliardi di euro (-32,4%) rispetto al 2021, di cui 2,8 miliardi (-36,5%) diretti verso il mercato russo.
Nonostante l’elevata incertezza, crescono il PIL e gli occupati. Nel quarto trimestre 2023 il PIL in Italia è cresciuto del 2,1% rispetto a due anni prima, un performance migliore di quella dell’Eurozona (2,0%), della Francia (+1,4%) e della Germania (+0,7%). I processi di crescita sono sostenuti dalla domanda di lavoro. A dicembre 2023 gli occupati crescono del 3,9% rispetto a due anni prima, pari a 885mila lavoratori in più; di questi 852mila rappresentano l’incremento dei dipendenti permanenti (+5,7%).
Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 27 febbraio 2024