Bolla dei prezzi dell’energia più ampia in Italia e normalizzazione più lenta
Divario Italia-Eurozona del 43% per il costo dell’elettricità per le imprese e del 12% per il gas. L’analisi dei dati Eurostat e Arera
A giugno 2023 prosegue la discesa dell’inflazione determinata da calo dei prezzi dei beni energetici. Il processo di normalizzazione, naturalmente, non è ancora completato. In Italia i prezzi al consumo di elettricità e gas sono del 79,2% superiore alla media del 2019. In Eurozona il divario è più contenuto di circa trenta punti percentuali ed è pari al 49,4%. Nel dettaglio la maggiorazione dei prezzi rispetto il 2019 è del 59,3% in Germania, del 44,8% in Francia, mentre si è quasi annullato (+4,3%) in Spagna. Su questa maggiore distanza influisce la più ampia bolla dei prezzi in Italia nella fase critica: il massimo di prezzo in Italia (novembre 2022) si è collocato sopra del 189,6% al livello del 2019, mentre il massimo (ottobre 2022) nell’Eurozona è stato superiore dell’80,6% rispetto al benchmark dell’anno pre pandemia. Il fenomeno in esame si amplifica per l’elettricità, che a giugno in Italia si registra un indice di prezzo del 90% superiore alla media del 2019, mentre in Eurozona il divario è più che dimezzato (42,4%).
Una conferma dell’elevato stress dei costi per le imprese italiane si trova nell’analisi sul prezzo medio dell’energia elettrica per le imprese elaborato da ARERA nell’ultima Relazione annuale in cui evidenzia che “il differenziale rispetto all’Area euro del prezzo medio lordo ponderato rispetto ai consumi delle diverse classi, che si era attestato intorno al 20% negli anni 2020 e 2021 dopo avere raggiunto quota 32% nel 2019, balza in avanti di più di 20 punti percentuali, arrivando al 43%“. Il divario sale al 52,3% sui prezzi netti (costi di energia, vendita e rete): in Italia, a fronte di un aumento dei prezzi lordi in Italia del +78,4%, i prezzi netti salgono del 124,2%, il secondo maggiore aumento dopo quello della Grecia tra i paesi dell’Eurozona, e oltre trenta punti superiore al +92,1% osservato nell’area a valuta comune.
Nella fase più acuta della crisi energetica, nel secondo semestre del 2022, il divario si intensifica, salendo al 50,3%, con una accentuazione al 53,6% per le imprese con consumi tra 500 e 2000 MWh. In una nostra analisi (QE 16/5), che considera i prezzi al netto dell’Iva, il gap in questa classe di consumo sale al 57,0%, penalizzando la competitività della manifattura italiana.
Per il gas per le imprese, se nel 2021 in Italia si registrava un prezzo all inclusive inferiore del 7,3% alla media dell’Eurozona, nel 2022 il divario cambia di segno – a sfavore delle imprese italiane – e si colloca all’11,8%; per i prezzi netti il divario si amplifica, salendo al 30,0%.
Alla maggiore pressione dei prezzi dell’energia per le imprese italiane si affianca un calo della produzione manifatturiera nel corso di quest’anno. Dopo aver registrato un migliore recupero nella ripresa post pandemia, nei primi cinque mesi del 2023 il volume dell’attività produttiva in Italia registra una discesa del 2,3%, mentre aumenta del 2,2% in Germania – nonostante la recessione tecnica in corso – dell’1,5% in Francia e dello 0,8% in Spagna. A fronte di più elevati prezzi dell’energia, si stanno consolidando i processi di efficientamento del sistema delle imprese: secondo il report mensile di Terna, nei primi cinque mesi del 2023 i consumi elettrici industriali scendono del 6,6% su base annua, un tasso di ben 4,3 punti più ampio del calo della produzione.
Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 25 luglio 2023