Rischio geopolitico per tre quarti delle forniture oil & gas italiane
Con uno shock petrolifero deraglierebbe la discesa debito/Pil. Prezzi gas 2024-2025 strutturalmente più elevati (2,5 volte vs. pre pandemia)
Le incertezze sulla durata della guerra in Ucraina, sull’escalation del conflitto in Medio Oriente e degli scontri nel Nagorno Karaback gettano delle ombre sulla sicurezza energetica dell’Italia. Un livello dei prezzi dell’energia che rimane strutturalmente elevato e le ricadute sulla crescita delle tensioni geopolitiche mettono a rischio la riduzione del rapporto debito/PIL.
I dati pubblicati stamane dagli Istituti di statistica confermano la debolezza dei processi di crescita: nel terzo trimestre del 2023 il PIL registra ‘crescita zero’ in Italia, segna con un debole spunto positivo (+0,1%) in Eurozona e Francia mentre è in territorio negativo (-0,1%) in Germania.
Nonostante il rallentamento del ciclo economico e la discesa dei prezzi dell’import di energia, per il gas europeo si delinea un prezzo strutturalmente più elevato dei livelli pre crisi energetica: secondo le previsioni di Banca d’Italia dello scorso 13 ottobre, nel biennio 2024-2025 il prezzo previsto del gas TTF è 45,7 euro/MWh, 2,5 volte i 18 euro di media del triennio 2017-2019.
La flessione dei prezzi all’import di petrolio greggio e gas e la riduzione dei volumi determinata dalla bassa domanda generano effetti positivi sulla bolletta energetica che, negli ultimi dodici mesi ad agosto 2023, scende a 83,1 miliardi di euro. Sul saldo import-export di energia influisce una riduzione del 12,3% del valore delle importazioni, risultato di una flessione dell’8,1% dei prezzi di acquisto e di un calo del 4,6% dei volumi importati. La bolletta rimane superiore di 34,7 miliardi di euro rispetto al 2021, anno precedente alla crisi energetica, equivalente ad un incremento del 71,8%. In rapporto al PIL la bolletta rimane al 4,1%, in discesa rispetto al picco del 5,7% del 2022, ma ancora 1,4 punti al di sopra del 2,7% del 2021.
L’escalation delle tensioni geopolitiche, una ripresa della domanda manifatturiera in Europa e Asia e il potenziale aumento dei consumi determinati da un inverno più rigido della norma mantengono alti i rischi di un rialzo del prezzo del greggio e del gas. Nello scenario previsto nella Nadef, da uno shock del 20% sui prezzi del petrolio, nel 2024 si avrebbe una riduzione del PIL di 8,5 miliardi di euro e il rapporto debito/PIL salirebbe di 0,5 punti di PIL rispetto al 2023, invece che scendere di 0,1 punti, come indicato nel quadro programmatico, con ricadute sui differenziali dei tassi di interesse e sulle prescrizioni di governance europea.
Dopo l’aggressione dell’Ucraina l’Italia ha diversificato le forniture energetiche per ridurre la dipendenza dalla Russia, ma la composizione dell’import delinea una persistente e apprezzabile esposizione a tensioni geopolitiche. Nei primi sette mesi del 2023 i principali paesi fornitori di petrolio greggio, con quote superiori al dieci per cento, sono Azerbaigian con 20,4%, Libia con 16,6%, Kazakhstan con 11,8%, Stati Uniti con 11,5% e Iraq con 10,4%. Nell’arco di due anni è salita di 8,4 punti la quota Kazakhstan e di 7,8 punti quella degli Stati Uniti. Per il gas naturale sei paesi detengono una quota superiore al cinque per cento: Algeria con 38,6%, Azerbaigian con 16%, Norvegia con 11,3%, Qatar con 9,1%, Russia con 6,7% e Stati Uniti con 6,4%. Nel biennio a cavallo della crisi energetica (2021-2023) la quota dell’Algeria è salita di 10 punti, quella della Norvegia di 9,4 punti, quella dell’Azerbaigian di 7,1 punti, quella degli Stati Uniti di 4,4 punti mentre quella della Russia è crollata d 37,3 punti.
Nel complesso di oil e gas il primo fornitore dell’Italia è l’Algeria con 20,5%, seguita da Azerbaigian con 18,2%, Libia con 10,2%, Stati Uniti con 8,9%, Norvegia con 6,4%, Kazakhstan con 6%,Iraq con 5,3%. Dall’Africa importiamo il 37,7% delle commodities energetiche, dal Medio Oriente il 32,5%, dai Paesi europei non Ue il 10,8%, dall’America settentrionale l’8,9%, dall’Asia centrale il 6,0% e dall’Ue a 27 il 3,1%. Se consideriamo i paesi che potrebbero essere coinvolti da una escalation del conflitto in Medio Oriente e quelli classificati come ad alto rischio geopolitico, risulta esposto a forti instabilità di fornitura il 73,6% dell’import energetico.
Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 31 ottobre 2023