
Vent’anni di energia, cosa è cambiato
Ridotti consumi ed emissioni, più spazio alle rinnovabili ma rimane alta la dipendenza dall’estero. Nell’import cresce peso del gas, spinto dal Gnl con la crisi del 2022
Sono passati vent’anni da quando Quotidiano Energia ha iniziato il suo viaggio da reporter nel mercato energetico italiano e internazionale (QE 10/11), documentandone giorno per giorno i numerosi, e spesso turbolenti, cambiamenti. Negli ultimi due decenni il sistema energetico italiano ha attraversato trasformazioni profonde, guidate dalle tensioni dei mercati globali, dalle crisi geopolitiche e dal crescente peso delle politiche climatiche europee. La traiettoria che emerge dalla ricognizione di alcune evidenze statistiche è quella di un Paese che ha progressivamente ridotto consumi ed emissioni, aumentato la quota delle rinnovabili, ma che resta strutturalmente dipendente dall’estero e vulnerabile agli shocks dei prezzi. Le sfide dei prossimi anni – sicurezza energetica, prezzi sostenibili, accelerazione della transizione green – si giocheranno sulla capacità dell’Italia di consolidare quanto costruito e colmare le fragilità ancora evidenti, che pesano sulla competitività delle imprese.
La crescita dell’energia da fonti rinnovabili è uno dei segni più distintivi dell’evoluzione del mercato energetico italiane ed europeo. Il peso delle rinnovabili sui consumi finali è aumentato in modo significativo, passando dal 16,3% del 2005 al 38,1% nel 2023, con una maggiore accentuazione in Ue dove la quota è passata dal 16,4% al 45,3%. Nel confronto europeo, tra i paesi dell’UE, oltre i tre quarti dell’elettricità consumata è stata generata da fonti rinnovabili in Austria (87,8%), Svezia (87,5%) e Danimarca (79,4%). Il consumo di elettricità da fonti rinnovabili è elevato anche in Portogallo (63,0%), Croazia (58,8%), Spagna (56,9%), Lettonia (54,3%) e Finlandia (52,4%), rappresentando oltre la metà dell’elettricità consumata.
La spinta maggiore è arrivata da fotovoltaico ed eolico, saliti in modo esponenziale, mentre le crisi di siccità, come quella del 2022, influiscono su una maggiore variabilità della produzione di energia idroelettrica. All’inizio del ciclo dell’energia solare, nel 2010, la produzione di energia fotovoltaica in tutta Italia è stata pari a quella prodotta nel 2024 nella sola regione delle Marche.
Tra il 2005 e il 2024 si è ridotta di tre quarti (-75,5%) la produzione italiana di gas naturale. Nel 2005 la produzione nazionale di gas era superiore all’afflusso di gas in ingresso a Melendugno, proveniente dall’ Azerbaijan, attuale secondo partner per le forniture di gas dopo l’Algeria.
Il mix di minori consumi energetici, crescita delle rinnovabili, miglioramento dell’efficienza energetica nella produzione, nei trasporti e negli edifici ha contribuito ad una riduzione significativa delle emissioni climalteranti per abitante che in Italia sono scese 42,3%, un progresso più marcato rispetto ad altri grandi Paesi europei: la Francia le ha ridotte del 36,7% e la Germania del 27,6%.
L’Italia rimane uno dei Paesi europei più dipendenti dalle importazioni di energia, con una bolletta energetica che manifesta una marcata volatilità, dominata dall’ampia escursione nel corso della crisi energetica del 2022 quando ha toccato il 5,5% del PIL, evidenziando la fragilità delle catene di approvvigionamento in un contesto dominato dai conflitti e dalle incertezze di natura geopolitica. Migliora, ma rimane elevata la dipendenza energetica dall’estero: le importazioni nette di energia in Italia nel 2023 sono pari al 74,8% del consumo lordo di energia, in diminuzione di 8,5 punti in meno dell’83,3% del 2005, ma rimanendo al di sopra del 68,4% della Spagna, del 66,4% della Germania e del 44,9% della Francia.
Nel flusso di import di prodotti energetici diminuisce la quota del petrolio mentre cresce quella del gas, spinta dopo la crisi del 2022 dagli acquisti di GNL. Il GNL importato nel 2005 era pari al 3,5% del volume dell’import di gas, sale al 13,5% nel 2021 per balzare al 33,3% nei primi nove mesi del 2025.
La geopolitica delle importazioni – Nel ventennio 2005-2025 l’Italia ha diversificato le rotte di importazione di petrolio e gas, ma rimane ancora strutturalmente esposta agli shock esterni.
Le tensioni geopolitiche e i conflitti hanno determinato la perdita della posizione dominante della Russia che ha perso 17,8 punti la quota di import di oil e gas, il calo di 8,1 punti della Libia, secondo fornitore dell’Italia nel 2005, e la riduzione di 6,8 punti della quota dell’Iran che nel 2005 era il quinto fornitore di oil e gas dell’Italia.
Il minore import dalle aree più critiche è stato compensato dall’aumento delle forniture di Azerbaigian (+14,4 p.p. passando dal 2,2% del 2005 al 16,6% del 2025), Stati Uniti d’America (+8,3 p.p. passando dallo 0% al 8,3%), Kazakistan (+5,2 p.p. passando dal 4,2% al 9,3%), Algeria (+4,8 p.p. passando dal 14% al 18,7%), Qatar (+4,1 p.p. passando dallo 0% al 4,1%) e Nigeria (+2,8 p.p. passando dal 1,2% al 4%). Con l’apporto del Kazakistan sale il peso dell’Asia centrale mentre il rilevante aumento di peso dell’Azerbaigian più che compensa il calo dell’Arabia Saudita (-5,6 p.p.) e dell’Iran (-6,8 p.p. come visto sopra), facendo salire di 4,3 punti il peso del Medio Oriente. Per garantire la sicurezza energetica l’import tende ad una maggiore diversificazione delle forniture: nel 2005 i primi tre paesi fornitori (Russia, Libia e Algeria) garantivano il 56,9% dell’import energetico, nel 2024 Algeria, Azerbaigian e Libia ne concentrano meno della metà (48,5%).
Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 9 dicembre 2025
