VERSO LA MANOVRA DI BILANCIO
Le nuove regole Ue e il dilemma tra tasse e spending review
Limite di crescita dell’1,5% della spesa primaria netta. Ma il 59,7% della spesa pubblica è rigida. Senza aumento della pressione fiscale rischio di tagli per investimenti e sostegno dell’economia

Mancano ormai pochi giorni al varo della manovra di bilancio: la misura degli interventi sarà contenuta nel Documento Programmatico di Bilancio che sarà inviato alla Commissione europea entro il 15 ottobre, mentre il disegno di legge di bilancio è atteso per il 20 ottobre. Oggi si avvia l’esame parlamentare del Piano strutturale di bilancio per il 2025-2029, nel quale si delinea il sentiero di politica fiscale per i prossimi anni, caratterizzato da una riduzione del rapporto deficit/PIL, che scende al 2,8% nel 2026 per arrivare all’1,8% nel 2029, con un saldo primario che torna in positivo già da quest’anno. Il rapporto debito/PIL sale di 1,1 punti nel 2025 e di 0,9 punti nel 2026, per instradarsi su un sentiero di discesa dal 2027, con un calo superiore al punto percentuale – è il ritmo previsto dal riformato Patto di stabilità e crescita per i paesi ad alto debito come l’Italia – nel 2028 e 2029, anno in cui il debito scende al 134,9% del PIL. L’apertura per l’Italia della procedura di infrazione per deficit eccessivo, alla luce delle nuove regole, richiede una correzione del saldo primario strutturale di oltre mezzo punto di PIL all’anno, tenuto conto che per gli anni 2025-2027 l’aggiustamento considera l’aumento della spesa per interessi conseguente alla stretta monetaria attuata dalla BCE. L’aggiustamento dei conti pubblici è garantito da un vincolo alla crescita della spesa – la maggiore novità della riforma della governance fiscale europea – e il Piano varato da Governo italiano indica per il periodo 2025-2031 un tasso di crescita medio annuo della spesa primaria netta del +1,5%, in linea con il tasso di riferimento calcolato dalla Commissione europea. La spesa in termini reali si ridurrà sensibilmente: tra il 2024 e il 2027 la spesa primaria netta cumula una crescita del 4,9% a fronte di un aumento dei prezzi del 5,7% e del PIL nominale dell’8,8%.

Nella prospettiva di interventi sulle uscite di bilancio, va ricordato che più di metà della spesa è rigida, meno aggredibile da interventi di spending review: si tratta delle poste relative ai redditi da lavoro dipendente, pensioni e sanità, che nel complesso valgono 673,4 miliardi di euro, il 59,7% della spesa primaria. In questa prospettiva vi è il rischio di spiazzamento della spesa pubblica per investimenti e per gli interventi a sostegno dell’economia. Una analisi della spesa pubblica per funzione evidenzia che le poste di spesa più esposte agli interventi di spending review sono quelle relative al sostegno delle economia e delle politiche industriali (affari economici) con 112,8 miliardi di euro, alle abitazioni e assetto del territorio con 63,5 miliardi, alla protezione sociale – escluse pensioni, malattia, disabilità e disoccupazione – con 56,9 miliardi, ai servizi generali con 55,0 miliardi, istruzione con 19,3 miliardi, protezione dell’ambiente con 17,2 miliardi, attività ricreative, culturali e di culto con 12,7 miliardi, ordine pubblico e sicurezza con 9,7 miliardi e difesa con 9,3 miliardi. In queste funzioni si concentra il 91,7% della spesa per investimenti pubblici. Sono più esposti a politiche di spending review gli interventi necessari per affrontare gli effetti del cambiamento climatico mentre, al contrario, servirebbero maggiori risorse per affrontare gli eventi meteorologici estremi come le alluvioni e le crisi idriche conseguenti alla siccità (QE 06/08).

È evidente che in molti comparti del bilancio pubblico non è opportuno né sostenibile una riduzione delle risorse e quindi, per finanziare queste poste di spesa oltre il limite posto dal vincolo della crescita della spesa primaria netta, sarà necessario aumentare la pressione fiscale. In relazione alla prossima manovra è già in corso un intenso dibattito sulla tassazione degli extra profitti e “l’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina” indicato nel Piano strutturale di bilancio (QE 03/10). La ricerca di un equilibrio tra tagli di spesa e maggiore prelievo su cittadini e imprese sarà il dilemma delle manovre di bilancio dei prossimi anni. Un aumento del carico fiscale rischia di compromettere ulteriormente la competitività dell’economia italiana su cui, secondo la metrica della Commissione europea, grava un carico fiscale (tax burden) che nel 2024 è superiore di 1,3 punti di PIL alla media dell’Eurozona, e che in Europa registra il quinto più elevato cuneo fiscale sul lavoro.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 8 ottobre 2024