Verso le elezioni europee, Italia al 2° posto in Ue per Pil da energia
Con la bolla dei prezzi del 2022 la Penisola supera la Francia per valore aggiunto del settore. Nel Paese tassazione più elevata e minore uso delle rinnovabili. Politica comune: la rilevazione dell’Eurobarometro

Il dibattito in vista delle prossime elezioni europee si intreccia con le politiche delle istituzioni dell’Unione europea che contribuiscono “all’ambizioso obiettivo del Green Deal europeo di conseguire la neutralità in termini di emissioni di anidride carbonica (CO2) entro il 2050“. Le politiche energetiche interessano la transizione dai combustibili fossili alle tecnologie energetiche pulite, la sicurezza e l’efficienza energetica, in un contesto in cui l’Ue dipende dalle importazioni nette di energia dall’estero per poco meno dei due terzi dei consumi e per la quasi totalità per i consumi di petrolio e gas. Per quest’ultima commodity, negli ultimi dieci anni il calo del 78% della produzione di gas dei Paesi Bassi e la Brexit hanno incrementato di quasi trenta punti la dipendenza europea dal gas importato.

A fronte di una produzione di prodotti energetici che si ferma al 2,9% del totale mondiale, l’Unione europea determina l’8,8% dei consumi mondiali di energia, il 12,5% di consumi mondiali da energia rinnovabile e il 7,3% delle emissioni mondiali di CO2.

L’apporto al PIL dell’energia – Nel 2022 In Unione europea il valore aggiunto generato nel comparto dell’energia è pari a 496,6 miliardi di euro. Dopo la Germania, l’Italia rappresenta la seconda economia dell’energia, con 74,5 miliardi di valore aggiunto, superando la Francia che scende al terzo posto con 57,2 miliardi di euro, davanti a Spagna con 53,0 miliardi di euro e ai Paesi Bassi con 39,1 miliardi di euro. Con la crisi energetica e una più ampia bolla dei prezzi di elettricità e gas, (QE 20/2), nel 2022 l’Italia è il paese dell’Ue con la maggiore crescita del valore aggiunto a prezzi correnti di tutta l’Ue a 27, pari a 30,1 miliardi di euro in più rispetto al 2021, superando l’aumento di 20,9 miliardi dei Paesi Bassi e quello di 12,7 miliardi della Francia.

I prezzi e la tassazione – Anche dopo la discesa nella seconda metà del 2023, i prezzi dell’elettricità per le imprese rimangono sensibilmente più elevati della media europea, mentre sono più allineati i prezzi del gas. Una maggiore pressione fiscale sostiene il livello dei costi energetici. Nel 2021, anno precedente allo scoppio della crisi energetica – durante la quale i governi dei paesi europei hanno ridotto in modo diffuso e temporaneo il prelievo fiscale sull’elettricità e il gas – l’Italia presenta la seconda più elevata tassazione dopo quella della Grecia, con un aliquota fiscale implicita sull’energia del 41,9% superiore alla media europea.

La transizione green e le rinnovabili – L’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 richiede ai paesi europei l’intensificazione dell’uso di energia da fonti rinnovabili. Nel 2022 l’Unione europea ha raggiunto una quota del 23,0% del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili, superiore di 1,1 punti percentuali rispetto al 2021, ma ancora inferiore di quasi venti punti al target del 42,5% indicato per il 2030 dalla direttiva europea 2023/2413 del 18 ottobre 2023. L’Italia è in maggiore ritardo e si colloca al 17° posto tra i 27 paesi dell’Ue, con il 19,0% del consumo da rinnovabili.

Le politiche europee per l’energia – Secondo l’ultima rilevazione dell’Eurobarometro pubblicata giovedì scorso, i tre quarti (72%) dei cittadini europei sono favorevoli ad una politica comune tra i paesi membri dell’Ue, con accentuazioni sopra la media in Spagna (82%), Germania (78%) e Italia (76%).

La priorità del Green Deal europeo è data dallo sviluppo delle rinnovabili, indicato dal 41% dei cittadini europei e dal 43% degli italiani, seguito dall’equa remunerazione agli agricoltori per garantire l’approvvigionamento alimentare (32% vs 24% in Italia). Rilevanza più omogenea nell’Ue per la promozione dell’efficienza energetica degli edifici (27% vs 28% in Italia), riduzione dei consumi di energia (26% vs 33% in Italia), protezione della biodiversità (26% vs 18% in Italia) e promozione dell’uso di imballaggi riutilizzabili, ricaricabili o riciclabili (26% vs 24% in Italia). È molto basso, invece, il consenso per il divieto alla vendita di veicoli nuovi a benzina o diesel indicato dal 7% degli europei e dall’11% dei cittadini italiani.

Rubrica Imprese ed energia su QE- Quotidiano Energia del 28 maggio 2024